A seguito della demolizione del Castello, negli anni successivi all’unità d’Italia, e alla seguente edificazione di case sul lato N della via Belvedere e su quello NE della via Iannelli, tra il 1875 e il 1878 e ancora dopo tra il 1883 e il 1885, furono trovati i resti di un portico posto sul lato settentrionale della piazza a chiuderla.
I primi ritrovamenti già nel 1875: parte del basamento e rocchi di colonne in tufo. L’anno successivo si cominciò a tracciare l’edificio con la messa in luce di un pavimento di signino e un pavimento a mosaico bianco delimitato da una fascia scura. A quel punto si organizzò una campagna di scavi che iniziò il 15 marzo 1878, e, dopo un’interruzione tra aprile e maggio, riprese a giugno per concludersi a fine luglio; per mancanza di altri fondi ministeriali, tutta la zona scavata venne ricoperta per decisione del Municipio in settembre.
Anche se incomplete, le esplorazioni del terreno consentirono di mettere in luce ben 130 metri di portico. L’edificio si innalzava su un basamento a due gradini, davanti al quale si rinvennero i resti del lastricato di basole poligonali di selce (il calcare locale). Venne trovato, accanto ai gradini, il basamento per una statua onoraria o simile. Le colonne esterne del portico, di ordine dorico, avevano un diametro di 76 cm e la loro altezza, compreso capitello, arrivava a 5,30 metri. Quelle interne erano uguali alle esterne per materiale e dimensioni, ma erano poste ad una distanza doppia rispetto all esterne.
Il pavimento del portico era realizzato con mosaico bianco. Le stanze posteriori, tutte uguali, (m 4,85×3,15) avevano un spazioso ingresso di 3,20 m in parte chiuso da una grata ( a giudicare dalla descrizione degli incavi sulla soglia), ad eccezione dell’ultima che si apriva sulla fronte con tre colonne, tra ante con semicolonne.
Seguivano altri vani che si distinguevano. Due con al centro una specie di base intonacata, sul fondo era una banchina (m 1×0,8), mentre ai lati due bassi gradini e sul lato ovest i primi gradini di una scala che forse portavano ad un soppalco. Entrambi i locali erano pavimentati con signino.
All’estremità opposta dello scavo, un altro vano che aveva il muro antistante rivestito da lastre di marmo rosso a venature bianche e con agli angoli due colonne doriche intonacate di rosso.
La lettura dei rilievi indica che si trattava di un portico i cui vani retrostanti servivano da uffici pubblici, non è da escludere che le basi rinvenute in alcuni vani erano destinate a statue di personaggi di rilievo, e il complesso di elementi rivela paralleli, per forma e per alcuni particolari architettonici, con le stoai delle vicine Solunto e Alesa, ma in maniera specifica con la seconda.
Non ci sono elementi utili per una datazione rigorosa dell’opera architettonica, per il pavimento in signino (in particolare uno con disegno reticolato) e per il confronto con Solunto e Alesa, si potrebbe collocare al tardo ellenismo. Di sicuro il portico fu utilizzato per lungo tempo; un frammento di statua iconica di età giulio-cludia, un ritratto femminile di età traianea, i quattro mortai di bronzo trovati all’esterno del pavimento di signino reticolato conservati nel Museo Civico, attribuiti in linea di massima a fabbrica “islamica”, e anche resti di muri e fabbriche addossati e sovrapposti al portico, ma non pertinenti (come riportati nei disegni fatti durante gli scavi), confermano la tesi della durevole vita della struttura.
Oggi l’area è tutta edificata.
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